Nel mio cuore: la cura dello sguardo con la bellezza del paesaggio

Il Borgo di Fiumefreddo” è un luogo che custodisce la memoria di un’epoca segnata da scontri e incontri di identità culturali. Luogo nascosto di un passato che ancora ci appartiene, Il borgo offre motivi di interesse storico-artistico e culturale. L’abbandono e il distacco dai borghi ha significato dispersione di patrimoni storico-artistici, abbandono dell’agricoltura rurale, della pastorizia, e dell’artigianato con conseguenze devastanti sul consumo del suolo, sulla vivibilità, sul cibo e sulla bellezza del paesaggio

L’uscita dalla statale con una deviazione improvvisa cambia il paesaggio e una strada, regina delle curve, ci conduce al Borgo di Fiumefreddo.  A 200 m s.l.m., tra dolci colline e i Monti Barbaro e Cucuzzo, si erge il Borgo di Fiumefreddo. La posizione dominante, rispetto al contesto naturale che lo circonda, consente un’ampia vista panoramica che abbraccia il monte Cucuzzo, il mare, Capo Vaticano e la lontana Stromboli.  Fiumefreddo Bruzio, deriverebbe dal latino Flumen Frigidum, prendendo il nome dalle vicine acque che scendono dal monte Cocuzzo e sgorgano dalle rocce a poca distanza dal mare; le prime tracce documentali risalgono al medioevo. Fiumefreddo Bruzio è caratterizzato da un dedalo di viuzze che si aprono su piazzette e scorci e che racchiudono punti d’interesse quali il castello normanno, all’interno del quale si possono ammirare i dipinti dell’artista Salvatore Fiume, l’abbazia di Forte Laudato , i numerosi palazzi nobiliari, la chiesa di San Rocco, la Matrice di San Michele e la chiesa dell’Addolorata. Fiumefreddo offre motivi di interesse storico-architettonico-paesaggistico.  (grazie a vincoli e tutele di varia natura); il patrimonio edilizio presenta evidenti fattori di qualità urbanistica (accessi e cinta muraria, diversità dei percorsi, vicoli, piazze, punti panoramici, legame ed autenticità degli spazi naturali esterni) ed architettonica (armonia e omogeneità dei volumi costruiti, delle facciate, dei tetti, dei colori, di porte, finestre; presenza di elementi decorativi come frontoni, insegne, stucchi); ed infine notevole patrimonio artistico: Chiese, Castello, Abbazia, affreschi e bronzi di Salvatore Fiume, tele del pittore Giuseppe Pascaletti.  Il borgo di Fiumefreddo rappresenta uno dei tanti piccoli gioielli nascosti benchè poco conosciuti di questa bellissima terra.

Il “bello” della Calabria resta sostanzialmente racchiuso nei centri storici e nei residui scorci del paesaggio tradizionaleI borghi dovrebbero riprendersi il loro passato senza trasformarlo o stravolgerlo e con orgoglio donargli una nuova dignità.I borghi erano un modo diverso di vivere i luoghi basato sulla lentezza e fatto di solidarietà, di condivisione, di una società di relazioni. Proteggere questi luoghi, patrimonio d’inestimabile bellezza e valorizzare questi territori è un’urgenza civile e serve a proteggere il futuro. Andrebbero ricostruiti i muretti a secco, recuperati gli olivi abbandonati, restituita la vocazione agricola. I borghi con i loro terreni non possono essere marginali sono centrali dal punto di vista della qualità della vita, dei prodotti agricoli, della tutela ambientale, del paesaggio, della vivibilità e della salute. I borghi sono l’antico straordinariamente moderno, l’antico che è già futuro. Intendiamo realizzare un contenitore culturale che possa promuovere l’immagine, la storia e le tradizioni dei borghi calabresi diffondendo il bene comune della conoscenza per stimolare una coscienza critica e un’identità non retorica, senza dimenticare ciò che questi luoghi sono stati e hanno rappresentato.
 La falsa modernità, l’idolatria della crescita e dello sviluppo hanno determinato diseguaglianze, limiti ecologici e sociali e da ciò lo spopolamento di molti borghi. Il richiamo alle nostre responsabilità, al senso di comunità ci impone di preservare e custodire i borghi e ci inchioda al cambiamento, ricercando, ad esempio sulla biodiversità, un modello alternativo locale su come, cosa e quanto produrre in grado di rivitalizzare intere filiere. Aver cura dei borghi significa tutelare e valorizzare il patrimonio storico-artistico a fini, culturali, artigianali e residenziali, legando passato e futuro, saperi moderni e saperi antichi, storia e territorio, paesaggio rurale e bellezza, consumi ed ecologia, agricoltura sana e cibo agricolo, viaggio e turismo emozionale. Il “modello dei borghi” dovrebbe assumere  le caratteristiche di un progetto locale di  turismo emozionale e sociale, ma non solo localistico bensì di un’area vasta, intercomunale, regionale, multisettoriale. Aprendo la questione di chi debba “prendersi cura” dei borghi e rendendo meno perentoria la separazione tra cittadini e amministratori.

Si parte dalla conoscenza per diventare tutti più consapevoli recuperando valori identitari, culturali, legami con la bellezza del paesaggio e con l’enogastronomia vera e sana. Il cibo e il vino richiedono, il rispetto del lavoro di contadini e “artigiani”, il senso della misura su cosa, come e quanto produrre, l’accesso alle risorse comuni naturali (acqua e terra) e la nascita di un vero mercato parallelo, equo e solidale. Cibo e vino andrebbero scelti sulla base del rispetto della terra, della biodiversità e sulla passione dei piccoli produttori.  Riporto le parole di Francesco De Franco eccezionale vignaiolo “Un grande Cirò richiede un grande Gaglioppo da lavorare in cantina nel modo più semplice possibile per ridurre al minimo la distanza tra la vigna (l’uva) e il suo vino. Intorno a questa idea del Cirò, una nuova generazione di vignaioli, uomini e donne prima che aziende, si confronta continuamente in vigna e cantina consapevoli di essere solo all’inizio di un lungo percorso: per  raccontare con più forza e in modo coerente il nostro Cirò, pur mantenendo ognuno la propria identità di vignaiolo vi invito ad assaggiare oltre al mio Cirò quelli di Cataldo Calabretta, Assunta Dell’Aquila, Sergio Arcuri, Francesco e Vincenzo Scilanga di Cote di Franze e Mariangela Parrila di Tenuta del Conte. E se qualcuno dovesse chiedermi perchè parlo anche degli altri vignaioli, nel rispondere non trovo parole migliori che quelle di Teobaldo Cappellano: Penso alle mie colline come una plaga anarchica, senza inquisitori o opposte fazioni, interiormente ricca se stimolata da severi e attenti critici; lotto per un collettivo in grado d’esprimere ancor oggi solidarietà contadina a chi, da Madre natura, non è stato premiato. E’ un sogno? Permettemelo.

Visitate il Borgo “luogo del tempo” e dello “spirito ” e provate a recuperare il rapporto con la lentezza, il Paesaggio , il Mare, la Terra e il Cibo sano.
Svegliarsi al mattino baciati dal sole e abbracciati dall’azzurro del mare …. Un borgo, un che ci riporta ai ritmi di un passato dimenticato…e ai saperi e sapori del buono e del sano. Lasciatevi trasportare dal silenzio e dai colori del mare, del cielo e delle dolci colline, in un luogo dove ciò che conta è la lentezza, la leggerezza, il profumo della terra e del mare, o la magia di un tramonto. Una oasi di pace e lentezza, dove sarete accolti con il calore di una residenza privata per un soggiorno in armonia con la natura, l’arte, il cibo e il vino. Non è un hotel, non è un relais, non è una pensione ma è …. Una Residenza d’epoca nel Borgodifiume… 

Escursioni

 

Mentre soggiornate a Fiumefreddo Bruzio potete godervi queste piacevoli escursioni.

 
    • Museo Archeologico di Reggio Calabria

      Museo Archeologico di Reggio Calabria

      Al nuovo Museo Archeologico di Reggio Calabria, un museo che si apre allo stretto nel cuore del Mediterraneo per vedere non solo i Bronzi di Riace ma anche “la testa di Basilea”,del V secolo avanti Cristo, le tombe ellenistiche e il grande mosaico con scene di palestra rinvenuto dopo il terremoto del 1908.Entrambi i Bronzi furono rinvenuti nel 1972 da un sub a 300 metri dalla costa di Riace a otto metri di profondità.Sono datati intorno al V secolo avanti Cristo. Molti i dubbi e il mistero che ancora li avvolge.

       

 

 

    • Visita guidata alle cantine Benvenuto

      Visita guidata alla cantina  ‘ A Vita

      Francesco e Laura, un calabrese e una friulana, un enologo e un’operatrice culturale, uniti dalla passione per la natura e l’arte. “Per noi essere vignaioli significa agire con responsabilità sul territorio, favorire la biodiversità, rispettare i tempi lenti propri dell’agricoltura”.

 

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 La Calabria sembra essere stata creata da un Dio capriccioso che,

dopo aver creato diversi mondi, si è divertito a mescolarli insieme .

 

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Viaggiare in Calabria significa compiere un gran numero di andirivieni, come se si seguisse il capriccioso tracciato di un labirinto. Rotta da quei torrenti in forte pendenza, non solo è diversa da zona a zona, ma muta con passaggi bruschi, nel paesaggio, nel clima, nella composizione etnica degli abitanti. E’ certo la più strana tra le nostre regioni. Nelle sue vaste plaghe montane talvolta non sembra d’essere nel Mezzogiorno, ma in Svizzera, nell’Alto Adige, nei paesi scandinavi. Da questo Nord immaginario si salta a foreste d’olivi, lungo coste del classico tipo mediterraneo. Vi si incuneano canyons che ricordano gli Stati Uniti, tratti di deserto africano ed angoli in cui gli edifici conservano qualche ricordo di Bisanzio. Si direbbe che qui siano franati insieme i detriti di diversi mondi; che una divinità arbitraria, dopo aver creato i continenti e le stagioni, si sia divertita a romperli per mescolarne i lucenti frantumi.

Nel cuore di Leonida Repaci

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Quando fu il giorno della Calabria Dio si trovò in pugno 15000 kmq di argilla verde con riflessi viola.Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese di due milioni di abitanti al massimo. Era teso in un maschio vigore creativo il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro. Si mise all’opera, e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della California e delle Hawaii, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi.

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Poi distribuì i mesi e le stagioni alla Calabria. Per l’inverno concesse il sole,
per la primavera il sole, per l’estate il sole, per l’autunno il sole

Volle che le madri fossero tenere, le mogli coraggiose, le figlie contegnose,
i figli immaginosi, gli uomini autorevoli, i vecchi rispettati,
i mendicanti protetti, gl’infelici aiutati, le persone fiere leali socievoli e ospitali,
le bestie amate. Volle il mare sempre viola, la rosa sbocciante a dicembre,
il cielo terso, le campagne fertili, le messi pingui, l’acqua abbondante,
il clima mite, il profumo delle erbe inebriante.

La calabria e il suo entroterra ricco di acqua
Operate tutte queste cose nel presente e nel futuro il Signore fu preso da una dolce sonnolenza, in cui entrava il compiacimento del creatore verso il capolavoro raggiunto.

Del breve sonno divino approfittò il diavolo per assegnare alla Calabria le calamità:
le dominazioni, il terremoto, la malaria, il latifondo, le fiumare, le alluvioni, la peronospora,la siccità, la mosca olearia, l’analfabetismo, il punto d’onore, la gelosia, l’Onorata Società, la vendetta, l’omertà, la violenza, la falsa testimonianza, la miseria, l’emigrazione.

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Dopo le calamità, le necessità: la casa, la scuola, la strada, l’acqua, la luce, l’ospedale, il cimitero. Ad esse aggiunse il bisogno della giustizia, il bisogno della libertà, il bisogno della grandezza, il bisogno del nuovo, il bisogno del meglio.

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calabria_manifestazione ospedale

E, a questo punto, il diavolo si ritenne soddisfatto del suo lavoro,toccò a lui prender sonno mentre si svegliava il Signore.
Quando, aperti gli occhi, potè abbracciare in tutta la sua vastità la rovina recata alla creatura prediletta ,
Dio scaraventò con un gesto di collera il Maligno nei profondi abissi del cielo.
Poi, lentamente rasserenandosi, disse: Questi mali e questi bisogni sono ormai scatenati e debbono seguire la loro parabola.
Ma essi non impediranno alla Calabria di essere come io l’ho voluta. La sua felicità sarà raggiunta con più sudore, ecco tutto.

                          i figli

Nel cuore di Pier Paolo Pasolini

               pier paolo pasolini

Pasolini  girando la Calabria in lungo e in largo, non solo alla ricerca di luoghi per girare i suoi film, ma interessato come sempre al mondo contadino, invitava i calabresi a guardare in faccia la realtà e a lottare per migliorare la propria condizione sociale e umana: “Calabresi non fate come gli struzzi, siete banditi, ma i banditi mi sono simpatici”

“E’ diffusa l’idea di un Sud di fannulloni inclini al familismo al clientelismo alla corruzione alla lamentela finalizzata all’assistenza. L’idea razzista di un Sud paradiso abitato da diavoli “

“ Il paesaggio calabrese  si esalta con i suoi meravigliosi contrasti naturali, in cui a dolci pendii si contrappongono violenti sbalzi rocciosi”

“In Calabria è stato commesso il più grave dei delitti, di cui non risponderà mai nessuno :è stata uccisa la speranza pura, quella un po’ anarchica ed infantile di chi vivendo prima della storia, ha ancora tutta la storia davanti a sé”.

Pasolini invitava i calabresi alla lotta e a guardare in faccia la realtà perché la colpa non è sempre degli altri ,bisogna cominciare ad indignarsi. Il mondo rurale, la cultura, l’identità contadina per Pasolini andavano difese e salvate dall’aggressione barbara del contadini contro l’omologazione. Per Pasolini i luoghi sono memoria storica , identità civile.In tal senso sosteneva che si sarebbe dovuto  ripartire dalla Terra, avvicinare i giovani al lavoro agricolo, aver cura della terra, perché, sosteneva, dov’è la bellezza se non vi è cura del territorio?L’amore per il territorio per la terra lo fornivano i contadini e le loro comunità locali e Pasolini con tenacia e passione difendeva la loro storia ,la loro memoria ,la loro lingua, le loro feste le loro osterie.

 

Nel cuore di Corrado Alvaro

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La poetica disperata di Corrado Alvaro coglieva già la disperazione di molti calabresi, quelli che s’indignano quelli che dopo la disperazione credono nella speranza del cambiamento

“La  disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è quella che vivere rettamente sia inutile”

“I calabresi mettono il loro patriottismo nelle cose più semplici, come la bontà dei loro frutti e dei loro vini. Amore disperato del loro paese, di cui riconoscono la vita cruda, che hanno fuggito, ma che in loro è rimasta allo stato di ricordo e di leggenda .”

“ Al mio paese, la piccola borghesia considera una grande prova di abilità arrivare a ingraziarsi con tutti i mezzi, anche i più bassi, chi comanda. La furberia al posto di ogni altra qualità umana. Chi non vi riesce è un imbecille, e chi non vi si adatta, un pazzo. ‘Ha relazioni’ è al mio paese dire molto.“

“Chi ha denaro paga, ma mai di persona”.

“E’ una vita alla quale  occorre essere iniziati per capirla, essere nati per amarla, tanto è piena , come la contrada , di pietre e di spine”.

“Nessuna libertà esiste quando non esiste una libertà interiore dell’individuo

Nel cuore di uno dei suoi figli

Amara terra mia, amara e bella…..

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La Calabria è varia nel territorio come nella sua gente fiaccata da dominazioni, carestie terremoti, emigrazioni, conquiste ,malcostume, illegalità, criminalità.

Appare sempre rassegnata,  intenta a leccarsi le ferite, vittima di una regressione economica e culturale, regressione che diventa anche psicologica trasformandosi  nella psicologia della persecuzione.  La Calabria è sudditanza, delega , schiava della logica del favore perché rassegnata alla convinzione dell’assenza dei diritti. Collusioni, corruzione, indebitamento, dissoluzione, economica ,disoccupazione giovanile ai massimi storici. Lo Stato, per i calabresi rassegnati, è un corpo estraneo, qualcosa di diverso da noi e che, perciò, non può tutelarci, mentre  invece, alligna l’antistato, il malaffare, l’illegalità, il condizionamento mafioso. Un quadro devastante!

soldi

Noi calabresi, oltre alla tendenza al vittimismo, abbiamo un’identità fatta di risentimenti, rivalse, richieste, lamentele, localismi, leghismi alla rovescia.  Ci vantiamo della nostra ascendenza greca, della nostra nobile storia, esaltiamo la nostra natura, le coste, i paesaggi,il cibo. Ma  abbiamo distrutto il nostro passato ed il nostro presente perché abbiamo devastato, abbandonato, avvelenato, siamo orfani di un territorio. Cominciamo una volta per tutte  a rimuovere culturalmente l’idea della persecuzione, della rassegnazione, del” tanto è tutto inutile”, “tanto non abbiamo futuro,”  vinciamo l’assurda convinzione che la cultura, l’onestà, la comunità, il buon cibo, i panorami non servano più a niente. E’ indispensabile riacquistare l’orgoglio di sé, del proprio passato, della propria dignità, altrimenti non vi sarà indignazione e, quindi, rinascita : le speranze saranno negate, le nuove generazioni saranno allo sbando ,gli anziani lasciati a se stessi ,mentre le famiglie sono già allo stremo. Quello che per i giovani è un diritto per noi dovrebbe essere un dovere , una forma di risarcimento morale che dobbiamo alle nuove generazioni. E…a noi stessi!bronzi