Visitate il Borgo “luogo del tempo” e dello “spirito ” e provate a recuperare il rapporto con il Paesaggio, il Mare, le Colline, il Monte Cocuzzo, la Terra le Erbe spontanee e il Cibo sano.
Svegliarsi al mattino baciati dal sole e abbracciati dall’azzurro del mare …. Un borgo, una residenza che ci riportano ai ritmi di un passato dimenticato…e ai saperi e sapori del buono e del sano. Lasciatevi trasportare dal silenzio e dai colori del mare, del cielo, delle dolci colline e dal Monte Cocuzzo, in un luogo dove ciò che conta è la lentezza, la leggerezza,  il profumo della terra e dei mare, o la magia di un tramonto. Una oasi di pace e lentezza, dove sarete accolti con il calore di una residenza privata per un soggiorno in armonia con la natura, l’arte, il cibo e il vino.

Fiumefreddo Bruzio

Fiumefreddo ha  una storia quasi millenaria, il villaggio fu fortificato dai condottieri normanni giunti sul territorio nell’XI secolo, guidati da Roberto il Guiscardo (l’astuto).
I Normanni in Calabria facevano parte della discendenza della famiglia Altavilla (nord della Francia), come il Guiscardo, leader carismatico.
Cari appassionati di viaggi, cosa vedere a Fiumefreddo Bruzio è presto detto.
Si comincia con una escursione nell’amena valle del fiume Cent’Acque-Fiume di Mare, per scoprire l’ex abbazia di Fonte Laurato, per poi tornare in paese a conoscere la meravigliosa storia di Salvatore Fiume e del genio artistico che sconvolse Fiumefreddo Bruzio.

Abbazia di Fonte Laurato

Simone de Mamistra, legato alla dinastia normanna, fu l’amministratore del feudo fiumefreddese che nel 1201 donò un decrepito monastero all’Ordine Florense. Per la presenza di numerose limpide sorgenti d’acqua e per una particolare vegetazione di alloro, il possedimento florense fu detto Abbazia di Fonte Laurato
L’edificio spiccava nella rigogliosa valle Cent’Acque che fiancheggia il gigante monte Cocuzzo (1541 metri).
Il gruppo monastico aveva come leader spirituale e fondatore l’abate Gioacchino da Fiore – filosofo e teologo calabrese.
Gioacchino morì in odore di santità nel 1202 e fu citato persino da Dante Alighieri nel XII canto del Paradiso per le sue capacità profetiche e interpretative della Storia.
Per la presenza di numerose limpide sorgenti d’acqua e per una particolare vegetazione di alloro, il possedimento florense fu detto Abbazia di Fonte Laurato

Il visitatore è colpito dal gorgoglio delle acque che defluiscono verso il fiume di Mare, il quale nasce con il nome di Valle Reale sotto il monte Trefaghi.

Il Valle Reale precipita in una stretta e profonda gola chiamata –Abissus – da qui segue con il nome di Cent’acque prima di raggiungere l’abazia. L’abazia nasce all’indomani della diffusione del monachesimo basiliano.

Infatti furono gli anacoreti della grotta dell’Eremita, soprastante la valle che la edificarono. L’edificio recinto da muro , si componeva di una cappella, di un romitorio, un refettorio, una cucina, un vano per i viandanti, un giardino. L’insegnamento basiliano venne accolto da San Benedetto da Norcia dal quale nasce il monachesimo occidentale.

Verso la fine dell’VIII sec. i monaci basiliani edificarono annettendola al cenobio una chiesetta, sotto l’invocazione di Santa Domenica, martire tropeana nel 304 a.C. All’inizio dell’anno mille il cenobio venne abbandonato dai monaci per tristi vicende che il tempo copre con il suo mantello di piombo. Ed è verosimile che l’avesse ripreso intorno al 1059, Ruggero il normanno, succeduto nel feudo di Fiumefreddo al fratello Roberto II° detto il “Guiscardo“. Ruggero vi introdusse i monaci benedettini. Si ritorna quindi all’osservanza monastica sotto la quale prevale il rito latino. Da questo momento si afferma l’ordine circestense, filiazione del benedettino, con l’edificazione dell’abazia della Sambucina presso Luzzi, in provincia di Cosenza.

Sullo stile circestense è esemplato il sobrio campanile di Fonte Laurato, realizzato nella stretta osservanza gotico – borgognone. In seguito il monastero divenne di scarsa funzionalità e ormai obsoleto venne donato da Simone de Mamistra, barone di Fiumefreddo, e della moglie Gattegrima, a Gioacchino da Fiore, fondatore dell’ordine monastico, il Florense, approvato da Papa Celestino.

Il tutto con l’approvazione del vescovo di Tropea Riccardo, atto sottoscritto da Luca Campano arcivescovo di Cosenza e da Guglielmo vescovo di Bisignano.
Oltre al monastero che l’abate Gioacchino da Fiore riedificò gli vennero donati molti terreni della valle denominata Cent’acque e altri luoghi.

Dopo la morte di Gioacchino da Fiore gli abati che succedettero portarono avanti le sue ferree regole. Si giunge così al 1806 quando avvenne l’invasione napoleonica.
Il monastero non riuscì a tenersi estraneo alla sollevazione antifrancese di Fiumefreddo. Quando si consolidò il potere di Gioacchino Murat sul regno di Napoli, l’abazia subì la soppressione e fu devoluta al “Regio Demanio” per essere poi venduta ai fratelli Camillo e Clemente Mazzarone dietro il corrispettivo di 16.871 ducati.

Il castello di Fiumefreddo

A margine dell’antico borgo si ergono i resti del castello, un maniero che fu la residenza degli storici feudatari di Fiumefreddo Bruzio: gli Alarcón Mendoza.
C’è un doppio cognome perché la dinastia nacque dall’unione di due famiglie.
La dinastia regnante ebbe come capostipite Fernando Alarcón, militare di gran carisma al servizio di Carlo V e protagonista assoluto dei fatti di guerra accaduti nella prima metà del 1500 in Italia.
Poi vi fu Pedro Gonzales de Mendoza, fidato compagno d’armi di Fernando e sposo di sua figlia Isabella.
La denominazione di Castello della Valle, ciò perché l’Alarcón era anche Marchese della Valle Siciliana, in Abruzzo, oltre a essere in possesso del feudo di Rende in Calabria.
Il castello di Fiumefreddo Bruzio è stato l’ultimo baluardo nell’assedio dei francesi napoleonici del 1806-07.
Recuperato per usi turistici e per organizzare mostre e convegni, esso è un meraviglioso balcone sul mare.

Salvatore Fiume

Il vecchio castello è un monumento davvero imperdibile per chi vuole scoprire cosa vedere a Fiumefreddo Bruzio.
Ma è un’attrazione turistica soprattutto per la sala che custodisce gli affreschi del grande artista Salvatore Fiume, genio novecentesco.
Fiume conobbe per pura casualità il paese che divenne sua residenza artistica a partire dagli anni ’70 del ‘900.
In quel decennio egli aveva già una fama internazionale, con sue opere esposte al Museum of Modern Art di New York e alla Biennale di Venezia.
É con il suo estro e con la sua follia artistica che Fiumefreddo si riscoprì pervasa da un fermento d’arte contemporanea e anticonformista.
Pitture e sculture che quasi fecero scandalo, colori vivacissimi e forme femminili generose che rapivano lo sguardo dei curiosi.
Fiume fece delle vere e proprie performance live, salendo come un equilibrista sulle impalcature e regalando un nuovo aspetto al castello, a piazze e chiese.
Un altro capolavoro artistico è l’affresco della cupola della chiesetta di san Rocco.
Qui l’autore si ispirò a Goya e rappresentò il santo di Montpellier nell’azione purificatrice e miracolosa di quando allontanò la peste nel ‘300, imperversante in Italia.
L’incontro con le comunità appestate è immaginato con una forza espressiva commovente.

Largo Torretta e Largo Santa Domenica

Consigliamo una sosta presso largo Torretta, una delle viste panoramiche più belle.
Si possono fotografare estasianti tramonti sul mare, un orizzonte visivo che permette d’inquadrare il golfo di sant’Eufemia a sud e la costa a nord che arriva fino alle colline paolane e ai monti dell’Orsomarso ancora più dietro.

La chiesa matrice di Fiumefreddo Bruzio

Infine, una visita nella chiesa matrice, collocata immediatamente dopo la vecchia porta d’ingresso del borgo.


Nella navata si possono apprezzare delle tele magistrali del Solimena (san Nicola di Bari in gloria, che salva il fanciullo coppiere) e del pittore locale più famoso che è Giuseppe Pascaletti, vissuto nel ‘700 (Madonna del Carmine)

La Chiesa della SS. Immacolata è la matrice di Fiumefreddo Bruzio.

Fu eretta nel 1540 per volontà Fernando Ruiz de Alarcon, marchese Della Valle, e nuovamente riedificata dopo il crollo avvenuto a causa del terremoto del 1638. La struttura, a unica navata, è dotata di presbiterio in stile napoletano del XVII secolo.

Al suo interno, custodisce: una pala d’altare de “La vergine del Carmelo”, realizzata da Giuseppe Pascaletti; un crocifisso in legno del XIX secolo; “la Madonna con Bambino” di Pietro Negroni, del 1556  La Chiesa raccoglie la tela di Francesco Solimena, “Il Miracolo di San Nicola di Bari” 

Il Culto dell’Immacolata a Fiumefreddo Bruzio

Tra la notte del 7 e 8 dicembre di ogni anno avviene per le vie del borgo la Serenata dell’Immacolata, tradizione che proviene dal lontano 1638 quando il terremoto causò gravi danni, così la popolazione chiede l’Intercessione alla Vergine Immacolata, che accolse la preghiera. Da allora come ringraziamento ogni anno tra il 7 e l’8 dicembre le voci maschili intonano sotto le finestre delle donne che portano il nome di Immacolata o Concetta un canto melodioso accompagnato dal mandolino e dalla chitarra

L’Immacolata e la sua Serenata ci raccontano un evento unico ed eccezionale che ha come luogo di culto: la Chiesa della SS. Immacolata è la matrice di Fiumefreddo Bruzio.

La devozione nei confronti dell’Immacolata è antichissima e particolarmente sentita in Calabria, come testimoniano, del resto, alcuni dipinti delle prime comunità cristiane ritrovati pure in diverse grotte. Ricordiamo infine che dalla devozione per l’Immacolata si diffuse il nome femminile di Concetta, un nome che ripete l’attributo più alto di Maria, “sine labe originali concepta”, cioè concepita senza macchia di peccato, e, perciò, appunto, Immacolata

Il ritorno rituale nel centro storico ha valore culturale attua una sorta di legame tra passato e presente, segnala la necessità di una continuità, a dispetto delle fratture catastrofiche.

Le feste, ci ricordano anche che i luoghi non muoiono, nemmeno quando le persone se ne sono andate. I luoghi continuano a vivere fino a quando suscitano legami, fino a quando qualcuno avrà ricordo.

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Il modello dei borghi e dei paesi: turismo di comunità,  turismo emozionale, stile alimentare.

Il “bello” della Calabria resta sostanzialmente racchiuso nei centri storici e nei residui scorci del paesaggio tradizionaleI borghi dovrebbero riprendersi il loro passato senza trasformarlo o stravolgerlo e con orgoglio donargli una nuova dignità. I borghi erano un modo diverso di vivere i luoghi basato sulla lentezza e fatto di solidarietà, di condivisione, di una società di relazioni. Proteggere questi luoghi, patrimonio d’inestimabile bellezza e valorizzare questi territori è un’urgenza civile e serve a proteggere il futuro. Andrebbero ricostruiti i muretti a secco, recuperati gli olivi abbandonati, restituita la vocazione agricola. I borghi con i loro terreni non possono essere marginali sono centrali dal punto di vista della qualità della vita, dei prodotti agricoli, della tutela ambientale, del paesaggio, della vivibilità e della salute. I borghi sono l’antico straordinariamente moderno, l’antico che è già futuro.  Il richiamo alle nostre responsabilità, al senso di comunità ci impone di preservare e custodire i borghi e ci inchioda al cambiamento, ricercando, ad esempio sulla biodiversità, un modello alternativo locale su come, cosa e quanto produrre in grado di rivitalizzare intere filiere. Aver cura dei borghi significa tutelare e valorizzare il patrimonio storico-artistico a fini, culturali, artigianali e residenziali, legando passato e futuro, saperi moderni e saperi antichi, storia e territorio, paesaggio rurale e bellezza, consumi ed ecologia, agricoltura sana e cibo agricolo, viaggio e turismo emozionale. Il “modello dei borghi” dovrebbe assumere  le caratteristiche di un progetto locale di  turismo emozionale e sociale, ma non solo localistico bensì di un’area vasta, intercomunale, regionale, multisettoriale.

Il Centro storico di Fiumefreddo” è un luogo che custodisce la memoria di un’epoca segnata da scontri e incontri di identità culturali. Luogo nascosto di un passato che ancora ci appartiene, il borgo offre motivi di interesse storico-artistico e culturale. L’abbandono e il distacco dai borghi ha significato dispersione di patrimoni storico-artistici, abbandono dell’agricoltura rurale, della pastorizia, e dell’artigianato con conseguenze devastanti sul consumo del suolo, sulla vivibilità, sul cibo e sulla bellezza del paesaggio.

ll Centro Storico di Fiumefreddo Bruzio sarà presto disponibile in versione 3D grazie ad un progetto di straordinaria importanza per la tutela e la valorizzazione del patrimonio architettonico e storico artistico.

Le attività di acquisizione dei dati vengono coordinate dal Prof. Alfonso Ippolito e sviluppate da un gruppo di ricercatori e dottorandi del Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura della Sapienza Università di Roma, con la partecipazione degli studenti dei corsi di scienza della rappresentazione III del corso di laurea a ciclo unico in Architettura e del corso di rilievo dell’architettura corso di laurea magistrale in Architettura Restauro della Sapienza Università di Roma.

 Borgodifiume e il Convivio ringraziano vivamente  il prof. Alfonso Ippolito, Martina Attenni e gli studenti per la encomiabile iniziativa e l’impegno profuso nella valorizzazione del patrimonio architettonico e storico artistico di Fiumefreddo Bruzio

ll cibo e il vino richiedono, il rispetto del lavoro di contadini e “artigiani”, il senso della misura su cosa, come e quanto produrre, l’accesso alle risorse comuni naturali (acqua e terra) e la nascita di un vero mercato parallelo, equo e solidale. Cibo e vino andrebbero scelti sulla base del rispetto della terra, della biodiversità e sulla passione dei piccoli produttori.

Riporto le parole di Francesco De Franco eccezionale vignaiolo di Cirò: “Un grande Cirò richiede un grande Gaglioppo da lavorare in cantina nel modo più semplice possibile per ridurre al minimo la distanza tra la vigna (l’uva) e il suo vino. Intorno a questa idea del Cirò, una nuova generazione di vignaioli, uomini e donne prima che aziende, si confronta continuamente in vigna e cantina consapevoli di essere solo all’inizio di un lungo percorso: per  raccontare con più forza e in modo coerente il nostro Cirò. Pur mantenendo ognuno la propria identità di vignaiolo vi invito ad assaggiare oltre al mio Cirò quelli di Cataldo Calabretta, Assunta Dell’Aquila, Sergio Arcuri, Francesco e Vincenzo Scilanga di Cote di Franze e Mariangela Parrila di Tenuta del Conte. E se qualcuno dovesse chiedermi perchè parlo anche degli altri vignaioli, nel rispondere non trovo parole migliori che quelle di Teobaldo Cappellano: Penso alle mie colline come una plaga anarchica, senza inquisitori o opposte fazioni, interiormente ricca se stimolata da severi e attenti critici; lotto per un collettivo in grado d’esprimere ancor oggi solidarietà contadina a chi, da Madre natura, non è stato premiato. E’ un sogno? Permettemelo”. Il lavoro di questi giovani vignaioli, che credono nell’uva e nel biologico dà dignità alla Calabria.

Insieme alla Cooperativa di Comunità Borgodifiume speriamo di poter trasformare il Borgo in una destinazione culturale, ambientale e produttiva di qualità, aperta a viaggiatori che desiderano realizzare un’esperienza originale ed emozionale.
Ciò significa, fare del borgo, ma soprattuto della sua comunità, una comunità ospitale e una ‘destinazione’, non solo dal punto di vista turistico, legato a una visita, a un viaggio, ma anche un luogo da scegliere per risiedere in modo definitivo o temporaneo.

CONVIVIO. THE GOOD, HEALTHY AND JUST TAVERN .

At the Convivio Tavern, you’ll find identity and simplicity with a special attention to the quality of ingredients and cooking. It’s a place that wishes to share whilst sharing together, a place to find the true hospitality of old time taverns where you could find human warmth, and the pleasure of being together: it’s like having firends at home.
Bottega dei Saperi e Sapori

BOTTEGA “SAPERI E SAPORI”. DISCOVER AND EMERGE YOURSELF IN NEW FLAVOURS, TASTES, CULTURE.

The Residence offers a shop where you can find artisanal products, organic wines and Slow-Food certified products. Bottega also offers “Commercio Equo e Solidale” (Fair and supportive trade) products as well as other coming from social cooperatives and non-profit organizations; as well as hand-made artifacts, organic farm produce and products developed by small producers.

 Percorsi

I percorsi: incontro con la natura, la gente e le sue tradizioni

Vi sono tre percorsi dedicati a questi temi, lungo i quali è possibile sperimentare il territorio, i prodotti regionali, la cultura contadina e l’artigianato tradizionale.
I tre percorsi avvicinano alla natura, all’arte, al mondo dell’agricoltura. Si potranno conoscere direttamente i prodotti locali e l’artigianato tradizionale. Visite guidate e degustazioni permettono di entrare a contatto con la natura e con il cibo agricolo.

Percorso  con Giacinto lungo il Fiume di Mare e all’Abbazia di Fontelaudato alla ricerca delle Erbe spontanee 

 

Storia e natura si incontrano al Fiume di Mare che scorre tra i monti prima di precipitare, creando cascatelle, in una stretta e profonda gola, nei pressi dell’abbazia di Fonte Laurato. Fiume di Mare rappresenta uno  scenario paesaggistico di transizione: montagna-costa-mare. Presenta degli ammassi rocciosi della Catena Costiera. La sua morfologia è mediamente sinuosa o rettilinea e presenta barriere sabbiose o ciottolose con presenza di vegetazione a basso fusto. Il canale di Fiume di Mare lungo il suo corso d’acqua forma dei piccoli canyon e ha come suo affluente il Vallone del Monte Barbaro. La vegetazione è ricca e diversificata con distese di sottobosco. Sono presenti castagni, querceti, faggeti, pioppi, edere, rovi, sambuchi e specie acquatiche con vari tipi di felce 

 

  • Percorso artigianato locale e i loro creatori. Incontro con Enzo Spina
  • Percorso della Tradizione contadina: l’Orto di Rosa, custode della terra

Vi sono tre percorsi dedicati a questi temi, lungo i quali è possibile sperimentare il territorio, i prodotti regionali, la cultura contadina e l’artigianato tradizionale.
I tre percorsi avvicinano alla natura, all’arte, al mondo dell’agricoltura. Si potranno conoscere direttamente i prodotti locali e l’artigianato tradizionale. Visite guidate e degustazioni permettono di entrare a contatto con la natura e con il cibo agricolo.
Da sempre gli uomini hanno formato e plasmato i percorsi, e lo fanno ancora oggi. Si può camminare per chilometri in sentieri lungo il Fiume di mare, essere affascinati dall’ Abbazia, dalla passione che ha il maestro Enzo Spina o i contadini per la loro terra.

Percorso “Tradizione contadina: l’Orto di Rosa, custode della memoria”.                                             Per capire perché i contadini sono così importanti per la nostra regione e le nuove generazioni. In diretto contatto con il lavoro e la vita di Rosa e della sua famiglia. Con la possibilità nella sua casa agricola di un buon bicchiere di vino, della frittata di patate e, quando possibile  della filicia

Escursioni

 Mentre soggiornate a Fiumefreddo Bruzio potete godervi queste piacevoli escursioni.

         

     Escursione al Monte Cocuzzo

      Monte Cocuzzo con i suoi 1541 metri è la vetta più alta della Catena Costiera Paolana, il suo nome deriva dal greco antico (kakos kytos) “pietra cattiva” forse per la forma che ricorda un vulcano o per le pietre taglienti presenti in a  ridosso della vetta, “gli Scaglioni”. Dalla cima si godono panorami di incomparabile bellezza in tutte le direzioni: l’azzurro  del  Tirreno, il golfo di Policastro, le montagne dell’Orsomarso e nelle giornate più terse le isole Eolie, la Sicilia e l’Etna.
Il percorso è ad anello, dopo una prima parte di strada sterrata pressoché pianeggiante, si sale dalla cresta sud del Monte.  Quando la cresta si riporta in piano ci si trova in un angolo magnifico, un giardino di guglie calcaree di varie forme dette “Scaglioni” (archi naturali, cumuli di  massi, inghiottitoi, grotte). Un’ultima salita conduce alla cima, conquistando il silenzio.  La  discesa avviene dal fianco Ovest del  Cocuzzo, attraversando un bel bosco di abeti bianchi.

  • Museo Archeologico di Reggio Calabria

    Museo Archeologico di Reggio Calabria

    Al nuovo Museo Archeologico di Reggio Calabria, un museo che si apre allo stretto nel cuore del Mediterraneo per vedere non solo i Bronzi di Riace ma anche “la testa di Basilea”,del V secolo avanti Cristo, le tombe ellenistiche e il grande mosaico con scene di palestra rinvenuto dopo il terremoto del 1908.Entrambi i Bronzi furono rinvenuti nel 1972 da un sub a 300 metri dalla costa di Riace a otto metri di profondità.Sono datati intorno al V secolo avanti Cristo. Molti i dubbi e il mistero che ancora li avvolge.

  • Visita guidata alle cantine Benvenuto

    Visita guidata alla cantina  ‘ A Vita

    Francesco e Laura, un calabrese e una friulana, un enologo e un’operatrice culturale, uniti dalla passione per la natura e l’arte. “Per noi essere vignaioli significa agire con responsabilità sul territorio, favorire la biodiversità, rispettare i tempi lenti propri dell’agricoltura”.

  • Escursione nel Parco Nazionale Dell’Aspromonte con pernottamento al Rifugio Biancospino

    Escursione nel Parco Nazionale Dell’Aspromonte con pernottamento al Rifugio Biancospino

    Immerso nella natura e dotato di tutti i confort il rifugio “Il Biancospino”, sorge a 1260 metri sul livello del mare,  nel Parco Nazionale dell’Aspromonte, ai piani di Carmelia nel comune di Delianuova.

      Le Gole del Raganello

        Escursione a Civita

     Civita è abitato da popolazione albanese. Le Case Kodra,” le case che parlano”, sono casette antropomorfe scoperte nel 2005 a  Civita da Stefania Emmanuele, sociologa e insegnante. Casette che hanno un volto umano. Le ha chiamate Kodra per celebrare  l’arte post cubista di un’artista albanese di fama internazionale che alla fine degli anni Novanta aveva visitato Civita e altri paesi  arberesche. Le casette evocano il suo  messaggio  poetico e provocatorio; Ibrahim Kodra era definito “Il primitivo di una nuova  civiltà” e le casette  antropomorfe  rimandano ad  un tempo quasi dimenticato, ma stupiscono per le loro espressioni chiunque le  osservi. Le Case  Kodra ricordano  anche l’Urlo di  Munch, suscitato dal Nulla che è un manifesto all’indifferenza, la condanna della condizione  esistenziale resa in  pittura.

A Civita si può praticare il trekking. La riserva naturale “Gole del Raganello” è un’area protetta, istituita nel 1987. Occupa una superficie di 1600,00 ettari all’interno  del Parco del Pollino, come Zona di Protezione Speciale per la conservazione di habitat per alcune specie di uccelli selvatici, con imponenti formazioni rocciose e una vegetazione costituita dal pino loricato, cerro…